Il diritto di resistenza e la capacità d’impedimento sono modi di azione strutturanti del campo politico, forme legittime e sostenibili dell’intervento della società in politica. Lo dimostra, con una ricca bibliografia ancorata in sette secoli di storia europea, il politologo francese Pierre Rosanvallon. Una dozzina di anni fa ha segnalato il riemergere e la nuova importanza di queste espressioni basiche, primarie, di democrazia.
sovranità d’impedimento
Nel saggio La Contro-democrazia, la politica nell’età della sfiducia (2006), un terzo del lavoro è dedicato alla “sovranità d’impedimento”, originaria forma di pensiero politico nell’Europa dal XIII al XVI secolo (a vero dire preceduta da due secoli di pratiche dei Comuni italiani), in cui eccelle il laico lavoro di Marsilio da Padova.
La sostanza originaria del pensiero è proprio basica: se non c’è opposizione, ogni scelta del potere è legittima. Se c’è resistenza, essa legittima chi riesce a resistere opponendosi. Questo concetto sarà definito da Montesquieu nel 1748 con L’Esprit des Lois: “Chiamo facoltà di statuire il diritto di ordinare o di correggere quanto è stato ordinato da un altro. Chiamo facoltà d’impedire il diritto di rendere nulla una risoluzione presa da altri”. In breve, il diritto di resistenza appare nel pensiero politico e giuridico della modernità quando la nozione del diritto di voto ancora non aveva senso.
Il ritorno di attualità e la nuova pregnanza del diritto di resistenza e della sovranità d’impedimento, secondo Rosanvallon, sono appropriati nella politica negativa che accompagna il declino della dimensione critica nelle democrazie del XXI secolo, private di contrapposizioni sistematiche e di classe, con una rappresentatività d’immagine forgiata dal marketing politico. Nella società in cui viviamo, la democrazia sopravvive grazie alle manifestazioni d’impedimento e anche di separatismo; è loro merito se lo scetticismo non diventa assoluto cinismo.
come se i resistenti non avessero che la scelta fra jacquerie ed elezioni
Come se i resistenti non avessero che la scelta fra jacquerie ed elezioni, Rosanvallon non considera però l’aspetto forse più interessante: i progetti alternativi che nascono dalle resistenze più evolute. Le sue coordinate di controdemocrazia (sorveglianza, impedimento, giudizio), esercizio democratico dal basso quando la democrazia istituzionale perde l’àncora popolare e critica, moltiplicano la loro forza democratica quando il progetto sorvegliato-impedito-giudicato è sopravanzato da un progetto concorrente e più adeguato, concepito nella resistenza.
Ne troviamo utile definizione, benché a contrario, in un macro-economista specializzato in infrastrutture, dunque in fine anch’egli un politologo: il danese Bent Flyvbjerg della Saïd school di Oxford. Egli osserva che spesso, con rappresentazioni idealizzate di costi e benefici, si affermano “opere” molto più care del previsto, i cui risultati deludono le promesse. Opere che disseccano o inquinano territori, che facilitano disastri. Opere anticamera del fallimento di Stati, regioni, città. Opere inefficienti per tutti tranne il consorzio dei realizzatori. Flyvbjerg osserva che in molti casi il survival of the unfittest, la sopravvivenza dei più inadeguati, è la legge perversa delle decisioni sui megaprogetti. I progetti più seducenti su carta, sponsorizzati da potenti lobby e sostenuti acriticamente dai media, si rivelano essere i peggiori, i più inadeguati, nella realtà. Con dati falsificati, eclissano i progetti più utili e validi, spesso di minori dimensioni, rappresentati in modo aderente alla realtà.
la democrazia della
post-post-modernità
Trancemedia.eu riserva priorità alle resistenze e ai loro progetti. La trance di ritorno consiste nel cogliere il valore d’uso della resistenza e rafforzare l’adeguatezza, la superiorità delle alternative disegnate da chi resiste. Siamo convinti che la democrazia della post-post-modernità cominci da qui e vogliamo aiutare a disegnarne, in rete, la piattaforma per gli anni ’20 del XXI secolo.