Il terzo circuito (C) rappresenta il soft power della Grande Opera. A partire dagli indebitati Grandi Quotidiani, si rinnovano i fidi in cambio di sostegno; la Grande Opera, a sua volta popolarizzata, giustifica l’emissione di obbligazioni con cui lo Stato si indebita per finanziarla. Le voci di stampa risultano unanimi nella condanna degli oppositori, definiti con epiteti da “nimby” a “terroristi”. Il meccanismo si ripete nella stampa locale, ove ogni testata conta almeno un cementificatore in Consiglio di amministrazione. In questo modo l’informazione risulta tanto “autorevole” quanto “capillare”. La mappa è stata sviluppata da Mario Cavargna; l’infografica è di Eva Benso.
Poi accade che nel momento in cui il keynesismo dei ricchi, attraverso le grandi opere finanziate dal monetarismo ordoliberista viene messo in piazza e contestato pubblicamente, giungano le tragiche notizie. Il rapporto della Commissione Ue. Oddio, panico. E’ arrivato il giorno del giudizio divino, vengono separati nella valle di Giosafat i sommersi dai salvati. Vediamo.
Bruxelles ha ridotto la stima di crescita del Pil dell’Eurozona dal 2,3% previsto a inizio maggio a 2,1% per il 2018 e confermato il 2% per il 2019. Nella Ue la revisione al ribasso è stata di 0,2 punti percentuali: 2,3% invece di 2,5% nel 2018, 2,1% invece di 2,2% nel 2019. La Germania crescerà dell’1,9% in tutti e due gli anni, la Francia dell’1,7%, la Spagna del 2,8% quest’anno e del 2,4% l’anno prossimo. Stabile la Grecia all’1,9% e al 2,3% rispettivamente. Il Regno Unito in discesa rispetto alle stime precedenti: a 1,3% nel 2018 e a 1,2% nel 2019. In fondo alla classifica troviamo l’Italia. Bruxelles stima un aumento del Pil quest’anno del1,3%,l’anno prossimo dell’1,1%. Una revisione al ribasso rispetto alle precedenti previsioni,rispettivamente +1,5% e +1,2%.
E’ la tragedia.
In un mondo in cui tutti contestano il Pil come indicatore di alcunché la sua contrazione di qualche decimale è la prova regina che tutto va a rotoli.
Una serie di dati snoccialati, dovrebbero provare non si sa bene cosa.
Il tutto nei giorni in cui si scopre – si fa per dire, è solo una delle molte conferme – che, oggi, l’umanità, anzi Gaia nel suo insieme, sta vivendo la sua sesta estinzione di massa.
I mammiferi impiegheranno milioni di anni per riprendersi dagli effetti della sesta estinzione di massa, già in atto per colpa dell’uomo. Sono così numerose le specie destinate a scomparire nei prossimi 50 anni, che serviranno almeno 3-5 milioni di anni per recuperare la biodiversità perduta. A indicarlo è la simulazione elaborata dall’università danese di Aarhus in collaborazione con l’università svedese di Goteborg: i risultati sono pubblicati sulla rivista dell’Accademia americana delle scienze (Pnas).
“Finora abbiamo sempre studiato a posteriori le estinzioni di massa del passato: dalla più antica, avvenuta 450 milioni di anni fa, fino alla più recente, quella che ha coinvolto anche i dinosauri 65 milioni di anni fa”, spiega Maurizio Casiraghi, zoologo dell’Università di Milano-Bicocca. “Oggi invece – continua l’esperto – ci troviamo dentro la sesta estinzione di massa, dovuta alle modificazioni degli habitat causate dall’uomo. Riuscire a valutare il processo in atto è un’impresa davvero ardua: capire come influirà sulle specie viventi non è facile, ma di certo i mammiferi (spesso all’apice della catena alimentare) sono la cartina di tornasole più evidente”.
Vogliamo aggiungere qualcosa sul cambiamento climatico?
Il problema è che ci vergogniamo delle nostre idee, anzi della nostra ideologia. Non abbiamo il coraggio di scandire le nostre parole , di bestemmiare nella chiesa dello sviluppo.
Forse non era mai capitato prima nella storia che un gruppo sociale nascondesse le proprie idee, persino se ne vergognasse.
Il mondo che conosciamo, di cui il Tav è il simbolo supremo, è finito: ma come tutti gli dei che muoiono essa vuole trascinare con sé tutto e tutti. Vuole trascinare con sé la vita stessa del pianeta.
Maurizio Pagliassotti