Nella perduta landa della post ideologia ci si muove a tentoni nel buio.
Non esiste la destra, non esiste la sinistra: forse, mai come in questi giorni a Torino ci troviamo di fronte al volto di questa patacca post novecentesca.
La linea ferroviaria Torino-Lione, o meglio, i 57 km del tunnel di base, sono sospesi alla valutazione costi benefici che un governo dovrà giudicare.
Questo l’escamotage con cui giustificare una decisione squisitamente ideologica: perché di questo si tratta.
E’ possibile inquadrare dentro un’analisi costi benefici un modello di sviluppo?
Ovviamente no.
E’ possibile invece inquadrare la realizzazione di un’infrastruttura dentro i confini del movimento ideologico, e rivendicarne il senso, in un caso o nell’altro.
Ma, paradossalmente, si cerca la via d’uscita – per non sembrare retrogradi, per non morire sotto la scure degli insulti via social, per pavidità – in una sorta di materialismo scientifico che attraverso astruse formule matematiche dovrà dare un numero su cui incardinare una decisione politica.
Nell’epoca che si vuole post ideologica si tenta di dare un senso alle proprie scelte fondandosi su una sorta di materialismo scientifico orfano.
Il massimo dei paradossi.
Perché è ovvio che se ai portatori della valutazione di una grande opera attraverso una somma algebrica, che si professano post ideologici, si dicesse “ehi ragazzi ma questo è il cuore del determinismo marxista”, quelli reagirebbero dicendo: “mai! Marx e i comunisti, mai!”.
Scatterebbe una reazione pavloviana rispetto al simbolo chiamato in causa, una coazione a ripetere che farebbe crollare l’intero metodo. Ma nessuno lo fa, e quindi si vive serenamente dentro il paradosso.