Le virtù dei liberi mercati

Dalla mano invisibile alla magia, coltivando il panico: Milton Friedman, lo stratega dello shock


RIVOLUZIONE MONDIALE

Le virtù dei liberi mercati. Liberiamoli!

Milton Friedman, il Lenin delle banche

L’imperativo arriva dalla scuola di pensiero economico neoliberista affermatasi dagli anni ’60, la scuola di Chicago, di cui l’economista Milton Friedman è stato il leader carismatico.

Friedman e i suoi “Chicago boys” esaltavano la forza propulsiva dei mercati che, lasciati a loro stessi, potevano essere fonte di magia: essi sarebbero stati in grado di produrre il giusto quantitativo di prodotti e servizi, al giusto prezzo, attraverso il giusto numero di lavoratori che avrebbero percepito il giusto salario per comprare quello che avrebbero prodotto. Insomma i mercati – secondo Friedman – avrebbero saputo auto-regolarsi, auto-governarsi. L’idea non era certo nuova, veniva dalla nozione di  “mano invisibile” (hidden hand) del mercato nel pensiero di Adam Smith.

Ma 200 anni più tardi, deregolamentare equivaleva a stracciare i patti sociali via via costruiti in ogni economia liberale. La regolamentazione dello Stato era ora percepita come intralcio per l’imprenditoria privata, vero fondamento della prosperità economica, e vincolo artificioso per i mercati. Solo il liberismo poteva garantire la vera e reale democrazia.

Lo Stato non avrebbe dovuto interferire ma “garantire la qualità e l’integrità del denaro, predisporre le funzioni militari, difensive, poliziesche e legali necessarie a garantire il diritto alla proprietà privata e assicurare il corretto funzionamento dei mercati“. La spesa pubblica doveva essere drasticamente ridotta e le privatizzazioni di aziende di Stato avviate senza indugio.

Un esempio per tutti: il Cile. Naomi Klein (The Shock Doctrine, 2007) ricostruisce il golpe cileno del 1973 tracciando l’opera di Friedman e dei suoi Chicago Boys in quel paese, prima e dopo l’abbattimento del presidente eletto Salvador Allende.

Con una struttura disciplinata, da veri “bolscevichi” del capitale internazionale, con una forza di élite centralizzata, ramificata, efficace nel supporto alla presa e gestione del potere da parte di Pinochet, i Chicago Boys usano lo shock e la dottrina neoliberista: lo sciopero dei camionisti che blocca ogni strada e il “mattone” di 500 pagine ideologiche, che appare a 24 ore dal golpe.

liberismo basato sul denaro pubblico

Alla maggior parte degli osservatori, anche critici, sembra però sfuggire il dato più interessante: il loro è un liberismo basato sul denaro pubblico. Spostare denaro su armamenti e grandi spese mirate a costruire un ceto fidato. Privatizzare società pubbliche per distruggerle o affidarle ai fedeli. Disciplinare la classe media svalutandone i risparmi. Favorire ogni iniziativa atta a ridurre il costo del lavoro e ad annichilire la contrattazione del lavoro.

Si può vedere Milton Friedman come uno stalinista che uccide i contadini per industrializzare l’agricoltura nell’Ucraina degli anni Trenta. Monsanto al posto del kolchoz. TAV al posto del Pendolino. (Oggi, TAP al posto dell’energia di comunità.)

Alla fine degli anni ’70 l’economia mondiale era investita da una profonda crisi di trasformazione. A partire da questa crisi, in occidente inizia il processo di terziarizzazione dell’economia e delocalizzazione, soprattutto delle strutture industriali, che si accentuerà in misura assai maggiore negli anni ’80.

Ispirati dalle idee di Friedman, Ronald Reagan negli USA e Margaret Thatcher in UK  per primi sposarono in pieno le sue teorie e iniziarono a rimuovere i vincoli e i regolamenti posti nei decenni precedenti, dando avvio a una stagione profondamente neoliberista, nel senso detto sopra.

 

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SCAMBI

Fare soldi con i soldi

La merce-denaro
che cos'è? Debito

Con la libertà di produrre ovunque, e soprattutto dove il costo del lavoro era tanto più basso, il modello liberista già alla fine degli anni ’70 si era trovato immerso in una marea di merci che non trovavano collocazione su nuovi mercati e, come scrive Marco Bersani in “Dacci oggi il nostro debito quotidiano. Strategie dell’impoverimento di massa” (DeriveApprodi, 2017), “si è dovuto confrontare con una stragrande maggioranza della popolazione mondiale talmente impoverita da ritrovarsi senza alcun potere d’acquisto, e con una fascia minoritaria con capacità d’acquisto, ma che in breve tempo aveva comprato e consumato quanto era nelle proprie possibilità“.
Per uscire da questa impasse, “il modello capitalistico ha modificato il proprio agire, trasferendo enormi risorse direttamente sui mercati finanziari, ovviando alla difficoltà di continuare a ottenere profitti scambiando merci, con la ricerca di profitti semplicemente scambiando denaro“.

L’economia della finanza, e dunque del debito, è diventata il vero motore economico degli ultimi decenni. Ma come ci è riuscita?

 

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LARGHE INTESE

Finanziarizzazione a tappe forzate

Dall'oro alla carta,
dal risparmio al debito:
Nixon e Clinton

C’era una volta la parità tra oro e dollaro. Per stampare dollari bisognava possedere una quantità di oro proporzionale (fissata a 35 dollari per oncia, ovvero 31,1 grammi di oro). Le altre monete avevano un cambio fisso con il dollaro (per l’Italia 1 dollaro equivaleva a 625 lire) e, sulla base di questo, fissavano la parità tra di loro.

Marco Bersani ci ricorda che per finanziare la guerra in Vietnam, gli Stati Uniti fusero 12.000 tonnellate di oro e le loro riserve si assottigliarono un bel po’. Fu così che il 14 agosto del 1971 il presidente americano Richard Nixon annunciò al mondo la fine della corrispondenza oro/dollaro e passò direttamente a stampare bigliettoni.

Fu un trauma per l’economia internazionale, fino al giorno prima regolata rigidamente da norme e procedure concordate tra i Paesi, e da allora in avanti sottoposta solo alle regole del mercato e alle sue idrovore esigenze.

Via via i movimenti di capitali vennero de-regolamentati, i mercati finanziari liberalizzati e, con l’aiuto delle tecnologie digitali, gli investimenti in borsa si moltiplicarono. Un processo che ha investito USA ed Europa attraverso gli anni ’70 e ’80.

Nell’ottobre 1979 il valore del dollaro prese il volo grazie alla politica monetaria di Paul Volcker, presidente della Federal Reserve (la banca centrale americana). I tassi di interesse si impennarono con conseguenze immediate e durature sui debiti pubblici e privati. Le possibilità di finanziamento pubblico e privato dipenderanno sempre più dai mercati borsistici.

Gli anni ’90 videro realizzarsi due importanti eventi:
– da un lato, la progressiva privatizzazione delle banche e la nascita, attraverso fusioni, di pochi e potenti colossi (dal 1990 al 2000 sono state effettuate nel mondo 7.500 fusioni e acquisizioni tra banche, del valore di 1.600 miliardi di dollari),
– dall’altro l’abolizione della separazione tra banche commerciali (quelle dove tutti noi apriamo un conto e depositiamo i nostri soldi con i quali la banca può fare prestiti ad altri) e banche di investimento (quelle che offrono servizi finanziari alle aziende e speculano sui mercati azionari, emettendo e negoziando titoli).

Financial Modernization Act

Il Financial Modernization Act, approvato nel 1999 dal Congresso degli Stati Uniti sotto il governo Clinton, eliminò le residue norme atte a disciplinare l’attività degli istituti bancari, abolendo così il Glass-Steagall Act, una norma fondamentale del New Deal di Roosevelt risalente al 1933, che sanciva la separazione tra banche commerciali e banche d’investimento per proteggere l’economia reale dai rischi finanziari.

Le banche, finalmente privatizzate e pronte a tuffarsi nel mercato, saranno da quel momento in avanti libere di metter mano ai depositi dei risparmiatori, per giocare con oscillazioni e volatilità e rincorrere i loro profitti.

Per dare un valore a tutto questo, cito ancora Marco Bersani: “Se l’insieme del commercio mondiale di beni e servizi tra Paesi è pari a 20.000 miliardi di dollari l’anno, la stessa cifra si realizza sui mercati finanziari in soli 5 giorni“.

Ma chi interviene quando il panico finanziario si scatena?

Tiziana Ripani

(2 – alla prossima puntata)

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