Se il debito è pubblico, pubblicamente vogliamo decidere cosa pagare e cosa no!

Cos’è un debito ingiusto (in tutte le sfumature da odioso, a illegale o illegittimo)?

Secondo Eric Toussaint, lo storico belga che presiede tra l’altro il Cadtm, il Comitato per l’abolizione dei debiti illegittimi, «affinché un debito contratto da un governo regolare in un modo altrettanto regolare possa essere considerato odioso occorre dimostrare che gli obiettivi, per i quali i debiti furono contratti, fossero palesemente contrari agli interessi di tutto o di una parte del territorio e che i creditori al momento dell’emissione del prestito fossero al corrente della finalità odiosa».

Il debito ingiusto secondo Toussaint va ripudiato, come hanno fatto con successo negli ultimi due secoli Messico, Stati Uniti, Cuba, Costa Rica, Russia e, in tempi più recenti, l’Ecuador che, attraverso i comitati per l’audit, ha annullato il debito nei confronti del Fondo monetario internazionale .

Alla luce dell’attività della Commissione parlamentare di verità sul debito pubblico greco, la Comunità Europea ha emanato il Regolamento n. 472/2013 del 21/5/2013 sul diritto di fare audit.

I lavori della Commissione per la verità sul debito greco hanno ispirato numerose esperienze in Europa e nel mondo.

In Italia, Napoli si è distinta per un esperimento ineguagliato sinora. Sotto la spinta dei movimenti di base locali, in rete con quelli nazionali sul tema del debito illegittimo, l’11 luglio 2018 l’amministrazione guidata da Luigi de Magistris ha istituito la Consulta Pubblica di Audit sulle risorse e sul debito della città di Napoli, primo esempio in Europa di un organismo istituzionale sul debito.

Promuovere la democrazia di prossimità

L’audit è un’indagine indipendente che ha il compito di chiarire come si è formato il debito (un macigno che a Napoli pesa 2,7 miliardi di euro) e contrastare concretamente l’illegittimità di quello ingiusto per liberare risorse utili al soddisfacimento dei bisogni fondamentali della comunità.

Guidata dal Presidente emerito della Corte Costituzionale Paolo Maddalena, la Consulta napoletana si avvale del lavoro – a titolo gratuito – di venti cittadini con comprovate competenze in campo giuridico, economico, sociale, ambientale, lavoristico e dell’attivismo sociale.

Il suo lavoro è organizzato in tre sotto-commissioni, in stretto contatto con l’assessorato al Bilancio: Enti Locali e Debito Ingiusto, Nuova Finanza Pubblica e Derivati, Dismissioni, ossia il censimento del patrimonio pubblico messo in vendita a copertura del bilancio.

In soli otto mesi, la Consulta ha analizzato i debiti derivanti dai vari commissariamenti della città di Napoli, i titoli derivati e le operazioni finanziarie sorte tra il 2004 e il 2006 che oggi mostrano i loro effetti dirompenti, i mutui con Cassa Depositi e Prestiti con tassi di interesse fuori mercato, e molto altro.

Un atto di indirizzo politico, il primo del suo genere in Europa

Il primo traguardo dei lavori della Consulta è stata la storica delibera di Giunta n. 117 del 24 aprile 2020 sul rifiuto di una parte del debito del Comune di Napoli, risultato ottenuto grazie anche al contributo dell’Osservatorio permanente sui beni comuni della città di Napoli – un altro importante organismo istituito dal Comune – e al lavoro storico di associazioni e movimenti come Cadtm, Attac e Massa Critica.

La delibera giunge nel momento di massima emergenza sanitaria quando sono proprio i Comuni a dover dare risposte consistenti alla cittadinanza, quei Comuni falcidiati da 20 anni di pareggi di bilanci e da un’austerità che ha generato nuovo debito.

Quali sono i debiti sotto accusa?

Innanzitutto quelli derivanti da negoziazioni poste in essere da Commissari straordinari, soggetti non eletti, le cui scelte non possono gravare sulle casse del Comune ma sulla responsabilità dello Stato che li ha nominati. I diversi commissariamenti hanno generato un debito, quantificato per difetto in 300 milioni di euro, e riguardano in particolare il commissariamento post-terremoto del 1980 (nel momento in cui Tangentopoli si impadroniva della politica italiana), durato per incredibili 40 anni; quello relativo alla bonifica del territorio di Bagnoli; quello connesso all’emergenza rifiuti e altri minori.

Seguono poi i contratti di acquisto di derivati e altri simili strumenti finanziari ormai fuorilegge, che possono essere annullati sulla base di una recente sentenza della Corte di Cassazione che ha dichiarato inesigibili i derivati sottoscritti dai Comuni senza apposita delibera del Consiglio comunale.

E poi la nota dolente dei mutui stipulati con Cassa Depositi e Prestiti (CDP), l’ente che un tempo gestiva il risparmio postale degli italiani e finanziava opere di pubblica utilità. Peccato che nel 2003 CDP sia stata privatizzata per diventare una società per azioni, anche se il suo principale azionista è il ministero di Economia e Finanze (84%) in bella compagnia con le Fondazioni bancarie (16%).

Napoli ha contratto quasi 700 mutui, la maggior parte dei quali con CDP, per un valore di circa 2 miliardi di euro a tassi di interesse del 4/5% mentre quelli di mercato sono intorno all’1%.

Certo, la delibera di Napoli è un atto di indirizzo politico a cui si dovrà dare attuazione ma il suo significato più importante è quello di invertire la litania dominante dettata dal liberismo predatorio: non ci sono i soldi, c’è il debito.

Se volete saperne di più, ascoltate questa conversazione su Radio Quarantella con Maria Francesca De Tullio, Vincenzo Benessere e Ferdinando Capuozzo, membri della Consulta Audit del debito della Città di Napoli.

 

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