Prima, era un tempo di barbarie.
Anni di penuria, di stenti, di tristezza, bui: quattro decenni, quasi cinque. Il tempo delle banche pubbliche, delle autostrade pubbliche, della telefonia pubblica, perfino del settore alimentare pubblico.
Poi arrivò il vento dell’est, il muro era crollato, ecco finalmente la libertà d’impresa, la libertà di arricchirsi. Mentre in Russia, ex-Urss, si procedeva al galoppo sopradescritto, un progresso molto simile aveva luogo in Italia: ma nessuno lo chiamava “scippo”, lasciando intatto e senza ironia l’aristocratico appellativo “privatizzazioni”.
L’Italia, come si diceva, era un paese molto povero, come l’Urss. Avevamo l’Iri, e fu smembrata. L’apice del processo di liberazione delle energie avvenne tra il 1991 e il 2000: inutile ricordare la storia che conoscono tutti.
Esattamente come in Russia, tutto quanto era pubblico passò nelle mani dei privati. Che però non erano “oligarchi”, erano stimati imprenditori nazionali, che per pochi soldi mettevano le mani sul patrimonio pubblico accumulato in settanta anni.
I dipendenti dell’economia pubblica passano in pochi anni da 500.000 a 101.000 nel 1991, a zero.
Si vende tutto: Il ’92 è l’anno della teorizzazione del libero mercato sotto la doppia spinta della speculazione monetaria sulla Lira e l’euforia della “fine della storia”; ma è nel 1993-94 che “i monopoli vengono smontati”: Banche di interesse nazionale (BIN) come il Credito Italiano (Credit), la Banca Commerciale Italiana (Comit), oltre all’IMI, per non parlare della Banca Nazionale del Lavoro. Settore alimentare: Star – azienda avente scopo sociale e molto diffusa al sud – Locatelli, Bertolli, Invernizzi, Buitoni, Galbani, Negroni, Ferrarelle, Peroni, Motta-Alemagna, Moretti, Fini, Perugina, MiraLanza e tante altre. Tra il ’93 e il ’94 viene venduta la SME, le vetrerie Siv dell’Efim, il Nuovo Pignone dell’Eni. Industria: Acciai Speciali Terni, Alfa Romeo, qualche anno prima.
Nel 1995 è il turno di Ilva Laminati Piani e Italimpianti; nel 1996 Dalmine.
smontato pezzo per pezzo i monopoli dello Stato
Nel 1999 è la volta di Enel ma soprattutto di Autostrade, che finisce a una holding del gruppo Benetton. Protagonista assoluto della vendita dello Stato è Romano Prodi, che in un’intervista di quei gloriosi tempi sostiene che avrebbe “smontato pezzo per pezzo i monopoli dello Stato”. È il suo elettroshock all’Italia che si deforma, nonostante Basaglia, in un gigantesco manicomio economico.
Negli stessi anni, più a est, un altro ministro in Russia sosteneva la stessa posizione, addirittura con le stesse parole.
La copertura mediatica assicurata dal triumvirato Agnelli, De Benedetti, Berlusconi, più la sempre solerte Rai che si salva perché potenzialmente minacciosa, spiana la strada all’entusiasmo popolare.