Il fondamentalismo sì TAV chiama a raccolta sostenitori veri e presunti di un doloroso buco di 57 km da infliggere a una povera montagna, ricca di acqua, ma anche di uranio e di amianto.
Nel 1980, la marcia dei quarantamila, salvatrice della FIAT, coprì il passaggio dall’industria alla finanza, ovvero ai mega-progetti imposti al territorio e ai “locali”; come allora La Stampa, oggi La Repampa offre al pubblico la stessa visione di modernità e sviluppo.
Le ragioni di un movimento popolare che da 30 anni si dissocia da un’opera inutile, pericolosa e ormai desueta sono totalmente oscurate; inascoltate sono le sue richieste di un confronto su dati veri, oggettivi, fuori da un’opposizione ideologica.
Ideologica è diventata la fede sì TAV, un credo ormai fuori tempo – senza ragioni attuali e senza fondate analisi – comunica slogan vuoti, dati sballati, minacce di penali inesistenti. Le previsioni sulla crescita del traffico merci erano infondate? Non importa, facciamo lo stesso un bel buco nelle Alpi, 3 volte più lungo, 2 volte più largo e profondo dell’altro, che non era saturo nemmeno nei “golden years”. Perché…
“Non si può dire no allo sviluppo”
“Torino deve giocare tutte le carte”
“La nuova linea è strategica”
“Questo tipo di infrastrutture, la domanda la creano”
“Il tunnel del Fréjus è obsoleto”
“Con il TAV diminuiranno i TIR sulle autostrade”
“Ce lo chiede l’Europa”
“La realizzazione della Torino-Lione è una straordinaria occasione di crescita occupazionale”
“È una sfida! Io sono convinto che ci sia l’interesse dei privati”