VISIONI «DOPPIE»
UN ALTRO PIANO PER TORINO, ALTRO DAVVERO
Un piano disegnato da tecnocrati per interessi finanziari incontrollabili e senza futuro o un piano regolatore che nasca dal basso, per una città pubblica e a misura di tutte e tutti?
La risposta sembra ovvia, eppure la governance cittadina considera una sola opzione.
redazione Trancemedia.eu
“Torino cambia”, “Il piano va veloce”, “Per tornare a crescere”…
Sono slogan apparsi per le strade di Torino da giugno 2023: fanno parte della campagna pubblicitaria per la definizione del nuovo Piano Regolatore Generale, cui si è aggiunto il cosiddetto “Ascolto della città” voluto dall’assessore all’urbanistica Paolo Mazzoleni che, in soli 3 giorni ad ottobre 2023, ha incontrato consiglieri delle 8 circoscrizioni (tanti) e cittadini (pochi) per presentare il percorso per il nuovo PRG.
Ma l’assemblea Un Altro Piano per Torino, composta da torinesi che si riuniscono da alcuni mesi per discutere di PRG e del futuro della città, si chiede: Chi potrà godere di questa crescita? Di quale futuro stiamo parlando? Per chi deve diventare appetibile questa città?
Domande che non hanno trovato soddisfazione nei successivi incontri di marzo 2024, ove l’Assemblea riscontra contenuti banali e dispersivi, lamentando che per l’ascolto delle necessità di chi abita Torino non si è voluto andare con orecchie aperte.
Sembrerebbe che l’assessore abbia scelto un altro target di uditori cui il Comune vuole rivolgersi, una schiera di portatori di interessi, stakeholder vari, utili ai processi speculativi e di svendita della città. Con questo atto il 7 novembre 2023 la Giunta del Comune di Torino (assessore Mazzoleni, assente giustificato) ha deliberato “di dare indirizzo affinché, per quanto di competenza, si valutino, nei modi e nelle forme consentite dalla legge, i progetti e le opportunità, per la Città di Torino, rientranti nell’ambito della programmazione della Bloomberg Philanthropies e delle sue articolazioni;“ dichiarando poi il provvedimento, data l’urgenza, immediatamente eseguibile.
Bloomberg Philantrophies, fondata da Mike Bloomberg, è un’organizzazione cosiddetta “filantropica” statunitense. Essa opera affiancata da altri due soggetti, sempre afferenti al gruppo Bloomberg: Bloomberg Associates, che lavora con le municipalità e Bloomberg LP, leader globale nel settore dei dati, delle notizie e delle analisi aziendali e finanziarie.
Con quel semplice atto della Giunta, a firma del Sindaco e di cui non risulta esserci poi stata discussione in Consiglio Comunale, la Città di Torino ha deciso di rapportarsi con una società di impatto mondiale, delegandole il ruolo di consigliere per la stesura del prossimo piano regolatore. Gli specialisti sono già in azione, come ci aggiorna Torinoclick, il giornalino informativo della città:
“Gli esperti dell’Università Johns Hopkins [in collaborazione con la fondazione Bloomberg, con l’urbanista Amanda Burden] sono a Torino per un’attività di consulenza con l’obiettivo di aiutare l’amministrazione comunale nel processo di semplificazione delle pratiche edilizie.”
Queste ultime tre parole sono tutto tranne che rassicuranti. Lo stesso varrebbe per le filantropie di altri finanzieri occidentali; da Bill Gates e consorte nel medicale, al piccolo hitler dell’eternit Stephan Schmidheiny, perché non chiamarli tutti insieme a Bloomberg?
È facile prevedere che il fardello che la signora Burden ci metterà sulle spalle si chiami aerospazio e complesso militare-industriale, mentre l’amministrazione cittadina ha ignorato l’appello unitario (dopo decenni!) dei sindacati metalmeccanici per investimenti automotive cinesi in città, con il concreto rischio che ora quegli investimenti vadano in Polonia. Anche il rilancio di Mirafiori dovrebbe essere una colonna del piano regolatore, no?
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27 Marzo 2024