RECLUSIONE, IN PANDEMIA COVID-19
Nicoletta Dosio, lettera dal carcere torinese Le Vallette, 19 marzo 2020
30 marzo: dopo tre mesi di carcere fermo, l’insegnante di liceo in pensione passa ai domiciliari,
sottoposta a divieto di comunicazione, suo solo "crimine". I piedi di argilla della dittatura “grandi opere”
fanno di Nicoletta anche una testimone dei piedi di argilla dell’abuso di potere nel "sistema carcerario".
redazione Trancemedia.eu
Noi stiamo a casa, ma Nicoletta sta lì, con centinaia di altr* nella opaca inefficienza di un potere assoluto, dove “tutto il funzionamento si svolge sul modo dell’abuso di potere” (M. Foucault, Surveiller et punir).
Aggiornamento 28 marzo 2020.
Comunicato stampa dell’Organizzazione Sindacale Autonoma Polizia Penitenziaria (OSAPP)
su casi di Coronavirus all’interno del Carcere Lorusso e Cotugno di Torino [Le Vallette]
COMUNICATO STAMPA
CARCERI/OSAPP : detenuti del carcere di Torino positivi al contagio da Coronavirus, ammessi alla detenzione domiciliare con trasporto a carico del personale di polizia penitenziaria.
Nella tarda mattinata e nel primo pomeriggio odierni, due detenuti riscontrati positivi al tampone da Covid-19, ristretti nel carcere di Torino Lorusso e Cotugno, sono stati ammessi alla detenzione domiciliare mediante accompagnamento con automezzi e personale del Corpo di Polizia Penitenziaria.
A dare notizia è l’OSAPP (Organizzazione Sindacale Autonoma Polizia Penitenziaria) per voce del Segretario Generale Leo Beneduci che aggiunge.
Nel merito dell’iniziativa preoccupa fortemente la scelta di adibire al trasporto di soggetti positivi al contagio da Covid-19 automezzi e personale di Polizia Penitenziaria come se si trattasse di una operazione attuata in condizioni normali che invece, in questo momento non sussistono.
Soprattutto – indica ancora il leader dell’OSAPP – oltre all’impiego di automezzi di cui non si è certi che sarà effettuata l’idonea sanificazione mediante imprese specializzate e non a carico degli uomini del Corpo come purtroppo si verifica di questi tempi, desta non poca perplessità il fatto che pur conoscendo da un lato l’insufficiente dotazione di dispositivi di protezione individuale e dall’altro il fatto che durante tali operazioni naturalmente non si rispetti la distanza di oltre un metro tra i soggetti si sia scelto di adottare tali modalità e non l’utilizzo di ambulanze e personale sanitario.
Nell’augurarci che quanto avvenuto a Torino quest’oggi – conclude Beneduci – costituisca un caso unico nel panorama cittadino e nazionale e che il personale di Polizia Penitenziaria impiegato stanti le vigenti disposizioni di legge sia posto sotto l’immediato monitoraggio delle autorità sanitarie per la prescritta quarantena si rammenta che la realtà penitenziaria torinese presenta già numerosi casi di contagio nel personale non solo di Polizia Penitenziaria e tali da far temere un pericoloso ed incontrollato incremento nella struttura.
[corsivi a cura della redazione]
Aggiornamento 30 marzo 2020.
Stasera Nicoletta è stata scarcerata
In applicazione delle misure atte a contenere il rischio di contagio da Coronavirus, le sono stati comminati gli arresti domiciliari; ha però il massimo delle restrizioni, compreso il divieto di comunicare. Tramite Silvano, il marito, fa sapere che in carcere la situazione resta pesantissima, e che sono assolutamente necessari indulto e amnistia.
Bentornata Nicoletta nella famiglia di lotta!
“Nessuno può conoscere davvero il carcere, se non chi lo vive. Nessuno può immaginare le storie degli ultimi, la desolazione delle esistenze recluse, le violenze subite nel tempo, che diventano colpa per chi si ribella, e prigione. Nessuno immagina le vite senza nome costrette in questi momenti ad aspettare in catene l’epidemia che, nel silenzio e nell’indifferenza generale, si è già insinuata oltre le mura e tra poco farà strage.
In carcere tanti continuano ad entrare (anche malati, ai quali non vengono praticati controlli sanitari), e pochissimi escono. Il sovraffollamento delle prigioni – anche a Torino – è insostenibile, vergognosa violazione di qualsiasi diritto, di ogni principio minimamente umano.
Nelle sezioni c’è angoscia e richiesta di aiuto, volutamente ignorata da una classe politica cieca e sorda. Il recente decreto, che di per sé è pochissima cosa, non trova alcuna applicazione e si rivela per quello che è: uno specchietto per le allodole, la foglia di fico di un potere inetto e vendicativo.
I detenuti chiedono aiuto, giustizia, umanità, possibilità di mettersi in salvo, respirare aria libera, rivedere le persone care, prima che sia troppo tardi: è questo il messaggio che lasciano a chi esce.”
“Va ad immaginare il cuore umano…
Dal carcere delle Vallette non facevo altro che pensare alla mia casa, ai sentieri che salgono verso la montagna e i boschi della Clarea, ai vicoli del paese che portano alla Credenza. Chiusa nella mia cella, la nostalgia mi riportava ai volti delle persone care, agli animaletti che aspettavano invano il mio ritorno…
Ora che sono tornata, il mio pensiero corre là, tra quelle mura, dalle mie compagne di detenzione che ancora aspettano, dietro le sbarre, un atto di semplice e dovuta giustizia. Anche loro, come me, hanno il diritto di sfuggire all’epidemia che avanza e che nel sovraffollamento e nell’invivibilità del carcere, farà strage di vite.
Chi non ha provato, non sa la paura dell’attendere immobili ed inermi e non conosce la generosità incommensurabile della parola detta al momento giusto contro l’angoscia che sale, del caffè offerto con amicizia a chi sta per lasciarsi andare…
Penso alla mia compagna di cella che da mesi dovrebbe essere a casa, se non fosse per una svista burocratica cui nessuno sta ponendo rimedio; risento le voci delle tante anziane e malate che, chiesta la scarcerazione, aspettano ogni sera con trepidazione di sentire il proprio nome tra quelli delle liberanti. E che ne è della giovane pastora di capre sui monti del Cuneese, mia compagna di biblioteca e di pensieri nelle ore d’aria trascorse a camminare insieme in quel cortile murato che popolavamo di immagini e di ricordi…
Non sopporto di sapere quelle donne, quegli uomini murati vivi da un potere che li condanna a morte e cela dietro un tripudio di bandiere patriottiche la devastazione praticata nel tempo ai danni dei beni pubblici, dei diritti di tutti, esseri umani e natura. Non sopporto gli indifferenti che, preoccupati solo della propria salvezza, tacciono dei sommersi, gli ultimi di sempre.
Tra poco, alle 18, seppur isolata, sarò sul balcone e farò la battitura per il diritto alla salute e alla liberazione dal rischio di epidemia anche per i detenuti, in unione ideale con i miei compagni di catene e con le loro famiglie.”
Ultimo aggiornamento: 1 aprile 2020 ore 19:30
25 Marzo 2020